Image Image Image Image Image

© sito realizzato con amore e dedizione grazie ad un fantastico CMS: WordPress :) maximdesign

Scroll to Top

To Top

Possibili visite guidate a Firenze

Il Corridoio vasariano parte 1: la storia.

Il Corridoio vasariano parte 1: la storia.

Da sempre il corridoio vasariano esercita una grande attrattiva sul pubblico; e da sempre si favoleggia sulla possibilità di visitarlo, apparentemente concessa solo a ristretti gruppi di persone.

Se, però, è giustificata la sua fama quale luogo di meraviglia, lo stesso non si può certo dire per le sue aperture. Sfatiamo dunque questo mito: il corridoio vasariano è  visitabile tutto l’anno, con prenotazione e accompagnamento di una guida. E l’occasione è diventata ancora più ghiotta dal 27 settembre scorso, quando l’ultimo tratto del corridoio è stato riallestito per accogliere nuovi dipinti.

A questo punto è tempo, però, di scrivere una breve storia di questo celebre passaggio, per conoscere la ragione per cui fu costruito e, soprattutto, il motivo per cui è interessante visitarlo.

Il corridoio vasariano è un passaggio di circa 1 km di lunghezza che mette in comunicazione il Palazzo vecchio e il Palazzo Pitti: ha origine nelle sale dell’appartamento della duchessa Eleonora, scavalca la stretta via della Ninna e giunge nel palazzo già chiamato delle Magistrature (oggi gli Uffizi) dal quale esce attraversando e seguendo il lungarno Archibusieri, attraversa il ponte vecchio, scavalca la via de’ Bardi, si appoggia alla facciata della chiesa di Santa Felicita, entra nel palazzo Guicciardini e termina nel giardino di Boboli con doppia uscita nei pressi della grotta del Buontalenti e sul retro del rondò di Bacco.

Questo “passetto” fiorentino fu commissionato dal duca Cosimo I de’ Medici e progettato dall’architetto Giorgio Vasari in occasione delle nozze del reggente Francesco I (figlio maggiore del duca Cosimo) e della principessa Giovanna d’Austria, nozze che si celebrarono a Firenze il 16 dicembre 1565. I lavori di costruzione iniziarono nel marzo del 1565 e terminarono nel novembre dello stesso anno. Non casualmente ho parlato di “passetto” fiorentino, poiché, come scritto dallo storico Gabriele Morolli, per l’ideazione e la realizzazione di questo corridoio il duca e l’architetto si ispirarono senz’altro al celebre passaggio, il passetto appunto, costruito durante il papato di Alessandro V (1415-17) a Roma. Il passetto, che mette in comunicazione il palazzo del Vaticano con il Castel Sant’Angelo, era ben noto per aver salvato la vita ad un membro della famiglia Medici: il papa Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici, era riuscito a fuggire all’esercito di Carlo V durante il sacco di Roma del 1527, proprio usando questo passaggio segreto.

Quale fu l’uso del corridoio? Come detto l’occasione per l’inaugurazione fu data dalle nozze; tuttavia durante il ducato di Cosimo I e il granducato di Francesco I il corridoio aveva una funzione puramente logistica, quella di permettere ai regnanti e alla famiglia di recarsi da un luogo all’altro della città senza bisogno di uscire, magari scortati. Le cose cambiano con l’arrivo di Ferdinando I, divenuto granduca alla morte del fratello nel 1588.

Prima di diventare granduca, Ferdinando, che non avrebbe ereditato la corona se il figlio del fratello Francesco, il piccolo Filippo, non fosse morto prematuramente, era cardinale e aveva vissuto i fasti della corte pontificia. Tornato a Firenze, cambiò totalmente l’aspetto e le usanze di quella corte ancora provinciale per introdurvi un cerimoniale da vera e propria corte nobiliare. Tra le novità c’è anche l’uso del corridoio: sappiamo che ogni mattina il granduca attraversava il corridoio per recarsi dalla residenza di  Palazzo Pitti al Palazzo vecchio, fermandosi per assistere alla messa nella chiesa di Santa Felicita sulla quale si affaccia il corridoio e in corrispondenza della quale la famiglia aveva un palchetto. Durante il granducato di Ferdinando I il corridoio fu anche citato, insieme alla galleria degli Uffizi, nella guida alle meraviglie di Firenze scritta da Francesco Bocchi e diventò un luogo dove i Medici amavano accogliere e accompagnare i visitatori illustri che arrivavano in città per impressionarli e dar loro l’idea della grandezza del casato di recente nobiltà. Inoltre attraverso il corridoio la corte medicea poteva raggiungere il teatro buontalentiano all’interno degli Uffizi, senza bisogno di uscire. Un tale uso venne continuato anche dall’erede Cosimo II, il quale nel 1610, all’indomani della nascita del suo primo figlio il gran principe Ferdinando, si affacciò dal corridoio per elargire denari ai cittadini.

Tuttavia il corridoio, che, all’epoca, era arredato con panche per permettere una sosta e con poche opere ed era corredato anche di un bagno cinquecentesco perduto durante la Seconda Guerra Mondiale, subì un declassamento: Ferdinando II lo usò pochissimo e Cosimo III quasi se ne dimenticò. Il corridoio non rappresentava più un luogo di meraviglia, se è vero che, in occasione delle nozze tra Cosimo III e la cugina del re Sole, Marguerite Louise d’Orléans, la corte si spostava dalla residenza di Pitti al Palazzo vecchio con le carrozze. Narrano le cronache che addirittura il corridoio fosse stato frequentato da ladri, ma che i funzionari se ne fossero accorti solo dopo qualche tempo trovandovi anche resti di cibo. Il corridoio fu inoltre utilizzato come passaggio dal gran principe Ferdinando, il figlio di Cosimo III, per raggiungere rapidamente la testata del braccio di levante degli Uffizi dove un incendio, iniziato in palazzo vecchio, minacciava di allargarsi ulteriormente.

Con l’arrivo degli Asburgo Lorena e con la apertura della Galleria degli Uffizi al pubblico, anche il corridoio viene rivalutato e nel 1853 si decise di esporvi il Museo Etrusco nel tratto del lungarno Archibusieri, i disegni e le stampe nel tratto dal ponte vecchio e gli arazzi nei pressi della chiesa di Santa Felicita.

Nel periodo di Firenze capitale le cose cambiarono ulteriormente, tuttavia si continuava nel proposito di conferire al corridoio un valore museale; proposito al quale si rifece anche il direttore Roberto Salvini nel 1950 – 52 allestendovi la prima selezione di autoritratti e, successivamente, Luciano Berti nel 1973 che la ampliò.

Submit a Comment