Visite guidate a Firenze
06
feb
2018
Casa Vasari a Firenze
On 06, feb 2018 | | In Visite guidate a Firenze
Al numero 8 di Borgo Santa Croce a Firenze, a due passi dalla famosa basilica francescana dove si conservano le “urne de’forti”, si trova un piccolo gioiello ben nascosto ai più: è la casa dove Giorgio Vasari, artista poliedrico e padre della storia dell’arte, visse tra il 1556 e il 1574, anno della sua morte.
Visto dall’esterno, questo palazzo fiorentino non si distingue molto dagli altri a lui contigui; anzi: forse la sua facciata stretta e lunga ne denuncia un’origine meno nobile dei due palazzi, Spinelli e Antinori, che lo affiancano. Appena varcato il portone, si ha accesso ad un breve andito che conduce ad una porta sormontata da quello che rimane di un affresco di impossibile lettura (vi si trovano uno stemma con la corona granducale e due figure femminili). Saliti al primo piano si accede a quello che rimane dell’abitazione dell’artista, la sala grande. Essa, completamente affrescata, è un compendio ad uso sia privato che pubblico delle teorie artistiche del proprietario. La decorazione è composta da un falso parapetto architettonico in basso sul quale appoggiano cinque nicchie che ospitano le figure allegoriche della Scultura, la Pittura, la Musica, l’Architettura e la Poesia. In mezzo alle nicchie si aprono tre logge che lasciano intravedere alcuni scorci: la prima raffigura l’invenzione del disegno grazie ad un giovane che, vedendo la propria immagine riflessa sul muro, ne segue con un carbone il profilo; la seconda mostra il mitico pittore greco Apelle che, nascosto dietro una tela raffigurante la dea Artemide, ascolta i giudizi di alcuni passanti; la terza descrive il pittore Zeusi che, dovendo dipinge una figura di Giunone per il tempio, studia le più belle ragazze della città per trarne ispirazione. Infine in alto corre un fregio con festoni di frutta e verdura retti da putti e con medaglioni con i ritratti di alcuni artisti.
Sebbene la fonte letteraria a cui Vincenzo Borghini e Giorgio Vasari, rispettivamente ideatore e realizzatore dell’opera, attingono sia la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, nei cui libri XXXV e XXXVI lo scrittore latino parla della nascita delle arti, tuttavia essi scelgono cosa raffigurare sulla base delle proprie convinzioni e delle proprie esperienze di vita.
Che tutto abbia inizio con il disegno è naturale per Giorgio Vasari che aveva contribuito a fondare, nel 1563, l’Accademia delle arti del disegno, nella quale, appunto, si proponeva il disegno come padre di ogni espressione artistica: questa convinzione è così radicata che Vasari la ribadisce nella sua casa e in particolare nel salone da ricevere. La scelta di raffigurare Apelle che risponde, risentito, ad un calzolaio che , dopo essere stato ascoltato a proposito dei calzari, critica anche la fattura delle gambe della dea raffigurata nel dipinto, è probabilmente da ricercare nelle critiche che i giovani artisti cominciavano a muovere allo stile del “vecchio” pittore di corte. Critiche alle quali Vasari risponde con questo dipinto e con il motto “sutor, ne ultra crepidam”. La scena di Zeusi, invece, è di nuovo una scelta ideologica perché il mitico pittore greco riesce a superare la Natura: nel suo dipinto la dea è frutto della selezione di particolari osservati nelle cinque più belle ragazze di Agrigento. L’artista è dunque capace di raggiungere un grado di bellezza impossibile in natura.
Infine i ritratti degli artisti che ripropongono le stesse effigi utilizzate per le Vite : se ad una lettura superficiale le Vite sembrano niente altro che un susseguirsi di biografie molto ben dettagliate, in realtà Vasari segue un disegno ben preciso con intenti encomiastici. Questo disegno ha come obiettivo quello di dimostrare che la pittura a Firenze ha trovato il luogo perfetto per rinascere, tanto poi da culminare nel genio ineguagliabile di Michelangelo. Questa esaltazione di Michelangelo non è tuttavia fine a se stessa, essa al contrario ha un fine politico ovvero la celebrazione dei Medici che di Michelangelo, fin da giovane, erano stati i protettori e mecenati. Cimabue e Giotto rappresentano l’inizio della nuova pittura; Masaccio, Donatello e Brunelleschi l’inizio dello stile moderno; Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Andrea del Sarto i campioni dell’età dell’oro. L’ultima serie è poi dedicata a chi, pur non potendo aggiungere altro a quello che il precedente quartetto aveva realizzato, ne continua l’arte: il Rosso Fiorentino (maestro di Vasari), Francesco Salviati (suo caro amico), Perin del Vaga e Giulio Romano (allievi continuatori di Raffaello).
La visita a questa casa va dunque ben oltre l’apprezzamento di una sala affrescata e ben restaurata, essa ci immerge nei pensieri e nelle teorie di uno degli artisti che maggiormente ha plasmato l’arte fiorentina, e non solo, nella seconda metà del ’500.
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